In questo Blog vi racconterò la mia esperienza di adozione e quella di altri genitori adottivi che mi hanno accompagnato in questa meravigliosa avventura chiamata adozione.
24 dicembre 2007
Il più bel regalo di Natale
29 novembre 2007
Bambini e Famiglie nel post-adozione
Nel corso del seminario sono state affrontate le problematiche della post-adozione presentando varie esperienze di sostegno ai genitori adottivi e ai loro figli tra cui: le consulenze familiari, i supporti psicologici e psicoterapeutici con i bambini adottati, la prospettiva interculturale nell´adozione internazionale e le collaborazioni tra i Servizi per le adozioni e i Servizi educativo-scolastici. Si è parlato delle paure degli bambini ma anche quelle dei genitori.
Inanzitutto mi e' sembrato un gruppo propositivo. Chi rappresentava i servizi per le famiglie cercava di dare di piu', venendo incontro alle richieste dei genitori. E concordo con la conclusione della Dott.ssa Patrizia Forlini, assistente sociale e rappresentante del Gruppo tecnico di Parma, alla fine del secondo modulo è stato davvero "bello sentire l'impegno tra genitori e servizi."
Belle sono state le testimonianze dei genitori adottivi che partecipavano ai gruppi di sostegno. Diversi hanno condiviso li ha dato e cosa significa il gruppo di sostegno per loro.
Esperienze e parole che condivido al 100% perche' il nostro gruppo di famiglie con figli Nepalesi pur essendoci formato in modo spontaneo, funge come gruppo di sostegno. Infatti la Dott.ssa Buffa ha aggiunto un commento che ribadisce l'importanza di tutti i gruppi (e anche del nostro gruppo Nepalese seppur non ci conosce): "il fatto che siano tutti adottati dallo stesso paese e che siano dello stesso colore ha un importante valore di identificazione per i bambini".
In effetti lo sapevo già, perche' circa un anno fa' uno dei "nostri" bambini mentre salutava allegramente i suoi amici nepalesi ha esclamato: "Oggi siamo tutti marroni!"
Nei prossimi post vi inseriro' dei pezzetti degli interventi, tutti validi ed interessanti.
6 novembre 2007
Riduzione dei fondi destinati alla ricerca scientifica
vi chiedo gentilmente di aderire a questa iniziativa per poter annullare questa ignobile proposta che va a discapito della ricerca scientifica atta a scoprire nuove soluzioni per poter debellare molte malattie e che coinvolgono i nostri figli.
Il 5 per 1000 si e` dimostrato un’opportunita` fondamentale per accelerare il raggiungimento dei nostri obiettivi scientifici ed umanitari. Purtroppo questa opportunita` rischia di subire una forte “menomazione”.
Infelice novita` di questi giorni e` l’ipotesi di fissare per l’anno in corso un tetto massimo di 100 milioni di euro: circa un quarto dell’ammontare previsto (360 milioni di euro).
Per questa ragione vi proponiamo di aderire all’iniziativa lanciata da Sole 24 ore, dal settimanale Vita e da molte organizzazioni di volontariato e di sostegno alla ricerca, invitandovi a sottoscrivere l’appello affinche` il Governo non ponga limitazioni a questo importante strumento di sostegno alla ricerca e quindi allo sviluppo del Paese.
Ricordiamo la necessita` di una pronta adesione.
Le modalita` di adesione sono reperibili dall’indirizzo:
http://web.vita.it/ap/alziamoiltetto/
1 novembre 2007
L'amore non ha prezzo
Non c'è prezzo per l’amore.
NO PRICE FOR CHILDREN è la campagna che mira ad introdurre nella Legge Finanziaria 2008 norme sull'adozione internazionale
- per renderla veramente gratuita come quella nazionale
- per semplificarne le procedure fiscali
- per aiutare i bambini orfani con progetti di solidarietà
nei loro Paesi d’origine - per sostenere le organizzazioni non profit nell'essere presenti con efficacia al fianco dell’infanzia che soffre.
24 ottobre 2007
Guida per l'insegnante all'adozione
Leggetelo ma sopratutto, stampatelo e portatelo alle maestre di vostri figli.
Ecco il link http://www.familyhelper.net/ad/guidainsegna.html (che ho anche inserito tra i Consigli di Lettura)
Ed eccovi un'anteprima:
L'ultima cosa che desiderate fare e' escludere deliberatamente uno studente da una discussione in classe, o da un progetto da realizzare, eppure un compito mal concepito puo' avere proprio queste conseguenze.
Alcuni compiti a casa si basano su una visione della famiglia che da' per scontato che tutti i ragazzi vivono con mamma e papà in un mondo senza divorzio o adozione o storia personale travagliata. In breve, sono deviati dal pregiudizio contro il figlio di una famiglia non tradizionale (vedere Modulo 1).
Di solito non potete lasciar perdere il compito, ne' fare eccezione per studenti che sono " casi speciali.". Nondimeno potete ancora raggiungere l'obbiettivo educativo desiderato, per tutti gli alunni della classe, ampliando il compito al riconoscimento della diversità dei nuclei familiari. Ecco qualche suggerimento.
Albero genealogico
Compito: Disegnate il vostro albero genealogico.
Deviazione: questo albero da per scontato che i bambini vivono con le loro famiglie d'origine, o che conoscano le loro radici familiari. Il consueto albero genealogico prestampato non accoglie le diverse strutture familiari -- spazi vuoti per una famiglia con una madre e un padre, ma nessuno spazio per figli adottati o famiglie adottive o altre configurazioni. I figli di tali famiglie sono fatti sentire diversi.
Raggiungere l'obiettivo: Gli insegnanti che hanno riformulato il diagramma tradizionale dell'albero per accogliere nuove forme di famiglia, hanno prodotto Cespugli Genealogici, Foreste Familiari, Pioppi Genealogici, Alberi dell'Amore (con i frutti a forma di cuore), Albero Affettivo, Alberi Radicati (gli antenati di nascita sono radici, i rami sono adottivi o patrigno o matrigna), e Cespuglio di Peonia (crescono fianco a fianco).
Oppure potreste abbandonare la metafora dell'albero e provare la Ruota dell'io (bambino al centro, parenti intorno in circoli raggruppati) o La Mia Casa (schema della casa con la gente all'interno) o un diagramma con simboli per le persone e linee che mostrano le relazioni. Chiedete ai bambini di fare liberamente in gruppo (brainstorming) una lista di differenti tipi di famiglia; offrite una varietà di "alberi", o fate inventare a loro stessi il loro diagramma. Fatelo diventare un progetto innovativo -- fate fare agli alunni il ritratto della famiglia e che significa per loro, in disegni, pittura, o scultura. Usate i lavori finiti per far partire la discussione sui tipi di famiglie e sui differenti modi in cui sono formate.
Dedicate uguale spazio a tutti i tipi di famiglia -- evidenziate che, in tutto il mondo, pochi bambini crescono in famiglie nucleari. Comprendete famiglie estese, adottive, con figli di un partner, e di un solo genitore.
Questi obiettivi possono introdurre parole e relazioni; per imparare il vostro posto
nella famiglia, e la storia familiare; o per studiare da dove sono arrivati i vostri antenati. Potreste dover ricercare altri modi di raggiungere gli stessi obiettivi. Eppure, il compito sull'albero genealogico non ha bisogno d'essere evitato -- e' un opportunità per una lezione sulla crescita della famiglia.
Ci sono altri esempi e altri argomenti che riguardano i figli adottivi o che comunque vivono in una famiglia non-tradizionale. Ditemi cosa ne pensate.
Forza Nepal!
Alcuni giorni fà il mio figlio mi disse:
"Mamma, ti immagini se il Nepal avesse la sua squadra di calcio?" e poi, senza aspettare una mia risposta aggiunse "Forza Nepal! Forza il paese dove sono nato!"
Mi è venuto un brivido perchè era la prima volta che lui esprimeva un parere deciso e positivo sul suo paese natale.
Ho sorriso e risposto con un "Forza Nepal! Forza Nepal!"
19 ottobre 2007
E se a rifiutare il paese natale, fosse proprio il nostro figlio?
L'unico suggerimento che mi sento di dare è di non mollare perchè si tratta di una fase. Continuate a tenere il fotoalbum e libri a portata di mano (e alla sua altezza). Chiedeteli se li va di ascoltare un po' di musica del suo paese e poi mettetela (se è d'accordo). E' importante non imporgli nulla ma neanche prendere il suo rifiuto come una cosa definitiva e per sempre. Cercate di riprovare e riproporre.
Figli adottivi, volete intervenire e raccontarvi?
11 ottobre 2007
I piedi in due scarpe.
Abbiamo bisogno del vostro contributo, raccontateci come fate, come tenete i piedi nelle due scarpe culturali.
8 ottobre 2007
Da Microsoft al Nepal
"Ho detto no a Bill Gates per i poveri dell'Himalaya"
dal corrispondente La Repubblica: ANDREA TARQUINI
BERLINO - Dalla stanza di comando di Microsoft alle misere scuole senza libri in Nepal o in Indocina, dai piani alti del top dell'economia postmoderna al dramma quotidiano del Terzo mondo. La conversione alla pietà e alla filantropia, oggi, trova per caso la sua via di Damasco. Senza pensare a San Paolo, John Wood era ai vertici del successo quando ha scelto l'addio al potere e alla ricchezza. Ha creato e guida Room to read, un'organizzazione non governativa che con un'efficienza da multinazionale raccoglie fondi per biblioteche per l'infanzia, scuole, libri, computer.
Aiuto ai bimbi nei paesi più poveri della Terra. E specialmente aiuto alle bambine, le più discriminate: bimbe, ragazze e donne sono due terzi degli analfabeti. Con un sito per contatti, donazioni e informazioni: www. roomtoread. org In Italia sta per lanciare le sue iniziative a Milano. Qui a Berlino è venuto a presentare "Von Microsoft in den Himalaya", "Da Microsoft all'Himalaya" (editoriale Murmann), il libro in cui si confessa. Lo abbiamo incontrato, ecco il suo racconto.
"A soli 35 anni ero il numero due di Microsoft in Cina e in tutto l'Estremo oriente, il mercato decisivo. Avevo un lavoro splendidamente pagato, la carta di credito illimitata, prospettive di carriera senza limiti", dice sorridendo a un passo dalla Porta di Brandeburgo. Quarantatre anni ben portati, eleganza casual da tipico giovane 'wasp' (bianco, anglosassone, protestante) vincente, l'accento tra il californiano e l'australiano che tradisce gli anni di lavoro nell'Asia-Pacifico, nuova locomotiva del mondo.
"Dopo anni di superlavoro senza sosta cercai vacanze estreme. Anche noi guerrieri invincibili di Bill Gates dovevamo rigenerarci. Arrivai a piedi a Bahundanda, un povero villaggio del Nepal. Lassù vicino al 'tetto del mondò ebbi l'incontro che cambiò la mia vita".
Fiero quasi ancora come un manager davanti agli azionisti, Wood mi mostra i depliant del suo nuovo orgoglio, il decollo di Room to read in pochi anni: trecento nuove scuole costruite, con operai e gente del posto, 4000 biblioteche, due milioni di libri per l'infanzia in lingue locali distribuiti gratis più un milione e mezzo di libri in inglese, 150 laboratori con computer per l'allaccio al mondo online di oggi, tremila programmi in aiuto a bambine e ragazze per strapparle a miseria, analfabetismo e oppressione sessista.
Wood continua a narrare: "Lassù conobbi mister Pasupathi, amministratore di tutte le scuole di montagna del posto. Diventammo amici, mi mostrò la scuola principale: quasi niente banchi né sedie, e una stanza chiamata biblioteca, ma senza libri in vista. Solo un armadio chiuso a chiave. "Là sono i miei pochi tesori, venti libri per centinaia di bimbi e ragazzi", mi disse il preside. Poi mi sorrise: "Chi sa, forse lei un giorno tornerà qui portandomi qualche libro. O forse ci dimenticherà"".
Wood tornò al lavoro con la testa in subbuglio. Cominciò a documentarsi online, apprese cifre da trauma: quasi 800 milioni di analfabeti nel mondo, di cui un terzo donne e bambine. 115 milioni di bimbi che non hanno alcuna speranza di cominciare mai la scuola. "Solo istruendoti hai possibilità di andare avanti", dice. "Era stato così anche per me: papà fu il primo in famiglia a entrare in college, io seguii il suo esempio ed ero arrivato al vertice di Microsoft. Cominciai a cambiare dentro, a sentire altri interessi, altre priorità: quei bambini senza libri né scuola divennero per me più importanti del successo dell'azienda e mio personale. Cominciai tentando con la filantropia part-time, poi capii che non funzionava: o i bambini poveri o la multinazionale. Iniziò il bracco di ferro con Microsoft. Non seppero capire la mia nuova esigenza. Non volevano perdermi, erano ostinati a tenermi a ogni costo, mi offrirono ogni vantaggio. Dissi no: della mia vita decido io, non la negozio con voi. Non c'era spazio per compromessi. Lasciai l'azienda".
L'inizio fu improvvisato: Wood sfruttò tutte le sue conoscenze nel mondo online. Scrisse una e-mail circolare a tutti i colleghi e amici nel mondo, chiedendo fondi, donazioni, aiuti. All'inizio, chiese solo libri di scuola per il maestro nepalese. Come indirizzo di recapito, diede la casa paterna: "Dopo poche settimane, papà mi raggiunse da qualche parte in Asia sul cellulare, mi chiese cosa doveva fare: i libri arrivati per posta avevano già riempito tutto il garage di casa. Forse quella e-mail circolare è ancora in giro nella rete".
Fu anche un inizio duro, di rinunce. Addio allo stipendio da sogno, alla carta di credito illimitata, a tutti i fringe-benefits immaginabili, all'auto nuova ogni sei mesi. "Oggi vivo con circa il 20 per cento di quanto guadagnavo prima della mia svolta, va bene così. Rimpiango poco o nulla, mi va benissimo non cambiare più auto di lusso ogni pochi mesi, e invece guidare ancora la mia vecchia Audi finché non cadrà a pezzi. Non sono queste le cose essenziali nella vita".
Forse qualcos'altro era meno irrinunciabile nella vita di prima della conversione alla carità, ma John Wood dovette voltarle le spalle. La sua girlfriend era la giovane Sophie, ai vertici dell'economia anche lei. Lui gli spiegò la sua scelta, a poco a poco cessarono di frequentarsi.
"Gli inizi furono duri", narra ancora Wood. "Ci furono momenti di disperazione, la tentazione di mollare tutto e ammettere il fallimento, come un'azienda nuova che va in bancarotta. All'inizio, nessuno ci credeva, nessuno o quasi donava denaro. Il mio primo viaggio in Nepal lo feci sul dorso di un bue yak carico di pacchi di libri per mr. Pasupathi e le sue scuole. Poi imparammo a organizzarci. Una strategia chiara, su due binari: la carità con l'energia di Madre Teresa di Calcutta, l'efficienza organizzativa ai livelli delle migliori multinazionali, con 150 impiegati retribuiti e un migliaio di volontari sparsi nel mondo povero. Dovevamo mettere a fuoco gli obiettivi prioritari e crescere, crescere senza sosta, per garantire più aiuti. E crescere cercando di suscitare forze sul posto: tutti i libri per l'infanzia in lingua locale li abbiamo fatti scrivere da artisti locali scovati dai nostri volontari, le scuole le facevamo costruire dai locali".
Adesso siamo più conosciuti, è più facile raccogliere fondi di beneficienza, dice Wood soddisfatto come un supermanager i cui titoli volino a Wall Street. "Dai 50mila dollari annui di offerte l'anno degli inizi siamo passati a una media di 50mila al giorno nel 2007". Ormai l'ex supermanager di Microsoft è una star mondiale nel mondo della carità, la Cnn e il Wall Street Journal, Newsweek e il Financial Times parlano di lui. Le tappe a Berlino e prossimamente a Milano sono nuovi passi, "per quei bambini a cui voglio provare a dare un futuro: 1,3 milioni oggi, dieci milioni nei miei obiettivi entro il 2020. L'istruzione dà chances di una vita migliore più di ogni altra cosa. Per i bimbi, e soprattutto per ragazze e donne".
La caccia alle donazioni prosegue senza sosta: qui in Mitteleuropa Wood ha convinto Deutsche Bank e il colosso dell'energia Vattenfall, grandi banche come gli svizzeri di Ubs e piccole aziende berlinesi come quella di una creatrice di moda per bambini, la Andrea Ziegfeld GmbH. "E'un impegno duro, ma nulla mi dà più gioia di certi segnali, come la e-mail d'un bambino che mi è arrivata da un povero villaggio vietnamita dove abbiamo portato dei computer. "Mister Wood, grazie per questa macchina dentro cui è nascosto il mondo d'oggi"".
da http://www.repubblica.it/2007/09/sezioni/esteri/john-wood/john-wood/john-wood.html
(24 settembre 2007)
Non tutti possiamo mollare tutto e andare a vivere all’estero però certamente possiamo apoggiare iniziative come queste, ecco quindi che vi propongo di inviare una donazione a questa ottima iniziativa. Potete visitare il sito http://www.roomtoread.org/index.html e contattare John Wood tramite il suo sito.
Grazie dell'attenzione.
2 ottobre 2007
Una grande famiglia adottiva
In Spagna abbiamo incontrato una coppia: lei tedesca e lui spagnolo e pure lì siamo riusciti a scambiarci un bel po’ di informazioni. Ci hanno raccontato la procedura dell’adozione in Germania che è, a quanto pare, più snella e veloce rispetto a quella Italiana. Loro hanno adottato un bel maschietto che era stato adottato in precedenza da una famiglia del paese d’origine e poco dopo riportato in orfanotrofio. Quindi ci hanno raccontato delle difficoltà del bambino all’asilo, ecc.
Quest'estate, al mare, abbiamo conosciuto una famiglia con una splendida figlia adottiva. Dopo qualche sguardo la nonna della ragazzina si è avvicinata e subito ci siamo messi a condividere pensieri, ostacoli, difficoltà e le gioie delle nostre esperienze. Il giorno dopo la signora mi fece conoscere il suo figlio e nuora e pure lì ci siamo scambiati tante informazioni. Quando ci siamo salutati mi sono accorta che non sapevo nemmeno il nome della persona che avevo davanti! Poi ci siamo scambiati i nomi, ecc, ma si vede che ci eravamo perse nel entusiasmo di parlare dei nostri preziosi bimbi.
Alla fine trovarsi bene fin da subito con estranei non è così poi strano perchè condividiamo un'esperienza piena di emozioni fortissime. Chi non ci ha passato non riesce a capire e naturalmente cerca di ragionare, quando la ragione non c’entra nulla con l’emozione. Provate a pensare, si può ragionare col mal di schiena o di testa? Un dolore psichico non è poi tanto diverso da uno fisico.
Se poi parliamo delle famiglie con cui abbiamo condiviso i viaggi o quelli, sempre adottivi, che ci sono stati vicino prima e dopo l’arrivo del figlio, a me sembrano dei fratelli nel senso che avremmo sempre qualcosa che ci lega.
E' bello poter parlare di un argomento che ci sta a cuore senza dover fare premesse. Proprio come succede in famiglia o con amicizie di lunga data. L'adozione è un percorso difficile ma bello allo stesso tempo e chi ci attraversa cambia per sempre. Anche se l'adozione avviene in paesi diversi o tempi diversi, le emozioni dei genitori sono molto simili. Alla fine è come se avessimo fatto un percorso di vita assieme e per questo, diventati una grande famiglia.
22 settembre 2007
L’attesa del secondo figlio adottivo.
L’attesa del secondo figlio è diversa per me, intanto che aspetto che ci chiamino per iniziare una cosa od altra, a casa si sentono i passettini, le risate, i pianti, i giocattoli sparsi dappertutto…insomma c’è una piccola creatura tutta nostra da amare e coccolare.
Certo se mi fermo a pensare sulle attese burocratiche, mi viene un gran nervoso. Sono cose che se anche ti hanno spiegato il perché si fa fatica ad accettarli, perché ti allontanano dal tuo figlio. Per fortuna ho mio primo figlio che mi impegna e distoglie i pensieri sulle difficoltà del percorso adottivo.
In’ attesa della prima adozione, la coppia aspetta il bambino per diventare una famiglia. Si ci sente come un nido pronto per accogliere il figlio che non arriva. E quando si visita quella stanza vuota che primo o poi diventerà la stanza del tuo figlio o figlia , la frustrazione cresce. Si possono fare tante cose per cercare di distraesi, ma servono poco o niente. Insomma si è un nido vuoto.
Nella seconda adozione si è già famiglia, il nido è pieno e si tratta di allargarlo per accogliere il secondo figlio.
È tutta un’altra storia.
20 settembre 2007
La tempistica dell'adozione
Mi viene il nervoso perché mi pare incredibile e vergognoso che ci sia tanto da aspettare. Di recente l'iter adottivo è stato regolamentato e ora si deve concludere entro i 4 mesi dopodiché ci vuole l'approvazione da parte dei Tribunale dei Minori e lì dipende molto da Tribunale a Tribunale e per quel poco che ho sentito si parla di circa tre mesi. Poi si va dall'Ente scelto e dopo aver scelto il paese anche lì si ci mette in lista di attesa. A marzo ho fatto un giro di telefonate e per via di una serie di motivi in media si parla di due anni di attesa dal momento che ci si mette nella lista del paese scelto all'abbinamento del bambino.
Poi bisogna aggiungere i tempi morti o burocratici. Come ad esempio: dal momento che si ci mette in lista per fare l'iter fino a che non si viene chiamati ne passa del tempo! I tempi per visitare e scegliere un'associazione o ente adottivo, i tempi d'attesa per fare i seminari, colloqui, ecc. dall'Ente scelto. Questo tempo spesso non viene considerato nei calcoli delle attese.
Anche se questo non si puo' considerare tempo morto, tra la scelta del paese e la preparazione (e traduzione) minuziosa dei documenti, inclusi gli esami che dimostrano che i prospettivi genitori siano in salute, passano un po' di mesi.
Il più particolare delle attese va al tempo d'attesa tra l'abbinamento col figlio e il riportarlo a casa. Se abbiamo due viaggi da fare, l'attesa si potrae nel tempo. Mentre durante gli altri tempi "morti" si ci scoccia, si ci distrae, ecc. una volta che un genitore conosce il "suo figlio" posso testimoniare che si va in tilt. E' un tilt allegro se fila tutto bene e invece è una cosa terribile se ci sono ritardi o problematiche col portare il figlio a casa. Ce ne sono tante storie di ritardi durante questo periodo così particolare, basta visitare diversi Forum, siti e blog per sentire solo alcuni.
E alla fine, ridendo e scherzando tutti questi tempi di attesa possono aggiungere dai mesi o anche qualche anno all'attesa.
Sicuramente ogni passaggio del percorso adottivo ha le sue problematiche e i motivi perchè ci siano tanti tempi morti o liste di attese lunghe. Credo che ciascuno dei vari enti coinvolti (Enti d'adozione, USL, Comuni, Regioni e Tribunali) potrebbe migliorare la gestione delle proprie liste d'attese. E' vero che l'ostacolo con cui ci confrontiamo spesso non ha inizio nel luogo dove lo incontriamo: ad esempio, la mancanza di risorse umane e nessun budget per assumere non sempre dipende dal ufficio con cui abbiamo a che fare.
Ma ogni ufficio sa a chi si deve appellare e se chiedesse il supporto delle famiglie non dubito che ci fosse. E se ci segnalasse il problema, possiamo scrivere e chiedere ai vertici di sbloccare la situazione.
Scriveteci e raccontateci i diversi motivi perchè ci sono attese lunghe all'interno degli enti ...
19 settembre 2007
Si riparte!
26 luglio 2007
Ancora in Pausa
29 giugno 2007
Le parole di una figlia adottiva
Mi chiamo Katia e sono stata adottata quando avevo 14 mesi. Dai miei genitori adottivi ho ricevuto accoglienza e cure, ma anche adesso che ho 15 anni sento che mi manca qualcosa di importante. E' normale che sia così, penso che tutti i bambini adottati - sia da neonati sia da grandicelli - abbiano questo vuoto dentro di loro, un vuoto che non tutti i genitori adottivi sanno piano piano colmare. C'è chi riesce a parlarne e c'è chi invece reagisce all'adozione con rabbia,comportamenti ribelli(specialmente nell'adolescenza), con il silenzio,con un falso menefreghismo. Questo posso dirlo perchè io faccio parte della prima categoria e riesco a confidare quello che provo anche ai miei stessi genitori naturali, però ho una sorella di 18 anni anche lei adottata che reagisce in tutt'altro modo: la ribellione alle regole, la chiusura verso i nostri genitori adottivi e la mancanza di dialogo. Solamente qualche giorno fa è emerso il fatto che i nostri genitori adottivi si sono dimenticati di festeggiare la data del suo arrivo nella famiglia. Ha pianto dicendo questo a mamma e papà ma poi il discorso si è chiuso lì e non so se sarà lei a riaprire l'argomento adozione in futuro. Comunque penso che anche il suo atteggiamento ribelle sia in un certo senso un modo di comunicare il suo disagio interiore. Secondo me è giustissimo quello che ho letto in questo blog sul fatto che i bambini hanno bisogno di tanto affetto e contatto fisico:abbracci, carezze,c occole ogni giorno! Ma questo non solo i bambini adottati, tutti.
....
Vi volevo segnalare anche un libro di facile lettura che parla di una bambina indiana adottata all'età di 7 anni: "Amata per caso"di Stefano Zecchi.
Ci sono tanti spunti nella lettera di Katia di cui parlare, tanto per iniziare: di quel senso di vuoto che prova. E mi chiedo, questo vuoto è una sensazione di solitudine, di essere soli al mondo? Immagino che il mio figlio possa pensare: "certo ci sono quelli che mi vogliono bene ma forse non tutti " pensando ai genitori naturali che l' hanno dato via mentre qualcuno, più estremo, penserà "non mi volevano" anche se, in fondo, sanno che la storia è diversa.
Mi chiedo se questo vuoto si prova perché si è consapevoli di esssere stato abbandonato/adottato. E quelli che non sanno di essere stati adottati, stanno bene o provano pure loro un vuoto?
Credo che a tutti i genitori possa impensierire il senso di vuoto del quale parla Katia. E' del tutto normale, perchè nessun genitore vuole vedere il proprio figlio soffrire.
Tanti genitori o parenti del figlio cercano di colmare i vuoti percepiti o veri (nel caso di genitori separati o spesso lontani per lavoro) con tanti giochi, cose costose o caramelle. Come ho detto nel Post del 8 maggio, questo credo sia sbagliato. Piuttosto dateli tanti baci, coccole e abbracci. Stateli accanto mentre guarda un cartone, sedetevi accanto a lui mentre fa i compiti, chiedeteli come è andata la sua giornata e non trascurate alcuna occasione per fargli una carezza. Anche se è grandicello, vestitelo e svestitelo o lavateli i capelli, questi sono tutti gesti di cura dell'altro e come tali auitano a creare un rapporto amorevole tra genitore e figlio. Nel caso di bimbi adottivi, si è rotto un rapporto e ora bisogna ricostruire un altro rapporto col nuovo genitore. Non si ci può aspettare che cammini perchè ha le gambine, anche se è grandicello lui ha bisogno di essere "piccolo" e indifeso in modo che voi possiate essere "grandi" ed prottegerlo.
Neanche un mese fa mentre svestivo il mio ormai ometto di quasi 8 anni le ho chiesto, ti piace tanto che ti svesta, come mai? "quando lo fai, so che mi vuoi bene". E' come si fà a dire di no a svestirlo? Se per lui questo gesto equivale amore, amore le darò, sempre che si ha la possibilità. Non si tratta di viziarlo o di creare dipendenze, perchè vedo che lui man mano diventa più indipendente e chiede sempre meno il mio intervento. Quindi con un figlio adottivo si lascia a disparte l'età e lo si cura con l'attenzione e sensibilità finchè il bimbo ne è sazio.
E' vero, tutti i bambini hanno bisogno di tantissime cure e coccole dai genitori, ma i bambini adottivi di più perchè queste cure e coccole auitano a creare un rapporto tra persone che si conoscono da poco. Aiuta a far crescere l'affetto, amore e confidenza tra due persone, cosa che non esisteva prima tra di loro.
L'altra cosa che vorrei commentare è il rapporto che ha la sorella di Katia, anche essa figlia adottiva, con i genitori. Mentre Katia ha un ottimo rapporto con i suoi, la sua sorella ha un rapporto scontroso e difficile con i genitori adottivi. Questo credo sia l'incubo di ogni genitore adottivo. Per fortuna la ragazza finalmente ha detto cosa li faceva stare male e forse questo era il motivo del suo comportamento scontroso. Mi piacerebbe sapere come è finita la storia, se poi i genitori hanno festeggiato quella data importantissima e se la sorella si è ripacificata con i genitori.
Leggerò il libro suggerito da Katia, ma il fatto sta che nessun genitore ha la ricetta nè istruzioni per allevare un figlio sereno e felice. Ci proviamo, alcuni leggono, si informano, visitano i psicoterapeutici, chiedono consigli o semplicemente fanno come hanno fatto i loro genitori. Se penso che trattando i miei figli ugualmente uno potrebbe percepirlo in modo diverso e che tra noi si instaurerà un rapporto difficile, beh, questo mi farebbe stare molto male. Quasi come se non avessi fatto del mio meglio cosa che credo sia molto dolorosa per un genitore.
Speriamo di avere altre testimonianze di figli adottivi che possano fare luce su questi aspetti.
29 maggio 2007
Sono in pausa
18 maggio 2007
Ho comprato un rene in Nepal
E' un'indagine sul mercato clandestino degli organi in Nepal fatto dall'Espresso ora in edicola e sul web con un videoservizio http://espresso.repubblica.it/dettaglio/Ho-comprato-un-rene-in-Nepal/1613087&ref=hpstr1
Essendo il mio figlio nato in Nepal mi sento molto legata a questo paese e alla sua bellisima gente sempre disponibili e generosi, pure avendo pochissimo.
8 maggio 2007
Lo sguardo triste diventa felice
E quindi una delle domande che mi sono posta come genitore è se sarei stata capace di togliere quello sguardo addolorato dagli occhi del mio figlio, se saremmo riusciti a sostituire quello sguardo triste e preoccupato con uno sguardo allegro e spensierato.
Perché anche se non lo si vede negli occhi, ogni bimbo porta in sé il ricordo dell’abbandono – una psicologa a Bologna ci ha detto che anche i bambini abbandonati a pochi mesi di vita se ne rendono conto. Questo dolore può spaventare qualsiasi genitore, perchè quando si ci confronta, molti di noi ci sentiamo inadeguati ad affrontare un dolore così profondo in una creatura così piccola.
Vorrei che chi leggesse queste parole sappia che è possibile affrontare e anche superare il dolore e la preoccupazione, sostituendolo con allegria e spensieratezza. Lo si fa dando tanto affetto e amore, avendo tanta pazienza e ascoltando cosa dice in parole e gesti il nostro figlio. Il resto lo fà il tempo.
Col tempo si aggiungono nuove esperienze e bei ricordi e pian piano queste diventano la maggioranza nella vita del nostro figlio. Non potremmo mai cancellare il suo passato – non che volessi – è parte della sua vita e tutti abbiamo qualche brutto ricordo nella nostra vita. L’importante che se ne possa parlare e che ci siano più momenti belli che brutti.
Attenzione: non sto parlando di viziare il figlio con mille giochi e dolcetti. Secondo me, questo è un comportamento degli adulti assolutamente sbagliato. Non sto a dire perché; credo che ne deva essere un esperto a parlarne (se qualcuno che legge vuole suggerire un libro o pure scrivermi qualche riga in merito, mi farebbe molto piacere).
Poi ogni bambino è diverso, c’è chi come il nostro si presenta subito triste e diffidente mentre altri sembrano allegri e sereni e magari dopo l’inserimento in famiglia ne esce fuori qualche difficoltà. Per questo bisogna ascoltare ed essere sensibile a questa nuova presenza, questo piccolo essere umano che ha un suo vissuto. Bisogna percepire e ascoltarlo con mente aperta, senza diventare troppo premurosi mi raccomando!, e starli vicino, dando tanto affetto : intendendo abbracci, carezze, starli accanto fisicamente, prendendolo in braccio anche quando ha superato i 30 kg!, ecc., ecc.
Mi piacerebbe farvi vedere le foto del mio bambino a quasi tre anni di distanza da quelle prime foto nel Ottobre 2003, i suoi occhi hanno tutta un’altra espressione. Questa sì che è soddisfazione!
24 aprile 2007
Sei nata così
La foto dell'abbinamento non ci aveva preparati. Da quel pezzetto di carta lucida ti mostravi a 10 mesi, salda sulle tue gambine cicciotte in quel lettino arrugginito condiviso con altri bimbi. Lo sguardo impenetrabile che non concedeva fantasie di sorrisi. Sembravi sapere cosa volevi.
Ti abbiamo amato poco alla volta, facendo amicizia con ogni piegolina del tuo corpo, con ogni capello arruffato, con quei piedini pagnottina che ti hanno contraddistinta ancora per qualche anno.
L'incontro con te ha rivelato fragilità che avevi ben celato. Eri piccola piccola, con un vestitino da primi mesi, nonostante ci si sia incontrati quando avevi già compiuto un anno.
Ricordo il cuore in tumulto, che mi batteva sin nelle orecchie e tu che arrivavi in braccio alla tua Didi, spaesata nel trovarti addosso occhi sconosciuti.
Ti ho accolta in un abbraccio lieve, scordandomi di tutte le lacrime che l'emozione mi faceva salire agli occhi mentre tu ti lasciavi andare ad un pianto disperato.
Ti ho sussurrato parole che non ricordo ma che avevano il sapore di una ninna nanna, di un sedativo alla tua paura.
Per noi sei venuta alla luce così, in un appiccicoso pomeriggio di novembre, a pochi passi dal Mekong (Vietnam).
Ci hai messo un paio d'ore a sorriderci, facendoci capire di quanto senso avesse avuto quella lunga interminabile attesa.
Da allora è trascorso tanto tempo eppure, quando sei triste, ritrovo il tuo sguardo sperduto e sconsolato e ringrazio il cielo di poter essere lì con te a condividerlo e a rendertelo più indolore.
Contributo da Mamma Anna che ha adottato due stupendi bambini nel Vietnam
23 aprile 2007
La prima volta che ti ho stretto in braccio
La prima volta che ti ho stretto in braccio, ti sei tirato indietro ma io non mi sono offesa. Ho capito la tua diffidenza. Ma ero sicura di volerti vicino a me e ti ho sorriso. Ci siamo guardati, tu diffidente, poi curioso. Poi ti sei avvicinato e io ho appoggiato il mio viso sulla tua guancia. Mi bastava così.
19 aprile 2007
Argomenti che potremmo trattare in questo Blog
• il percorso o iter adottivo
• la scelta dell’ente (per l’adozione internazionale)
• le attese : come le vivete?
• La lista d’attesa
• Come scegliere l’ente
• Le amicizie che si fanno e che ci legano per anni e anni a seguire
• ma quale post adozione?
• Cambiare il nome
• L’abbinamento
• le proprie paure verso l’ignoto : che bimbo/bimba sarà? Quali problemi avrà?
• La partenza
• Il primo incontro col nostro figlio/a , cosa abbiamo provato, cosa abbiamo notato nel figlio/a durante il primo incontro? Racconta gli incontri successivi
• Tornare a casa dal primo viaggio senza il figlio/a
• Cosa prova il bambino o quali comportamenti notiamo nel nostro figlio nelle prime settimane o mesi di convivenza (ci mette alla prova, ha paure, ha incubi, si fa la pippì a letto), ecc
• Il rientro in Italia con il figlio: le difficoltà, le gioia
• L’inserimento : sociale, a scuola, le difficoltà, le gioia del primo anno
• La sua storia adottiva: i ricordi, come la racconta, come vi racconta
• Gli anni successivi: a 3, 4 anni di distanza, come stanno questi bambini? Cosa è cambiato in meglio o in peggio?
• L’arrivo del secondo figlio adottivo : cosa dice il primo figlio? Come si comporta poi quando arriva?, Com’è l’inserimento per il figlio che arriva?, come viene gestita l’attenzione extra che viene versata al nuovo arrivato? Come viene gestita la gelosia del primo figlio?
• Adottare un figlio/a grandicello (4-5 anni) (6-7) (8-9) quali sono le difficoltà e o ostacoli che vi siete posti prima di acettare e che poi avete effettivamente affrontato? Raccontate pure le ricompense e le gioie ricevute da questi fantastici bimbi!
Vorrei che venissero fuori i problemi ma anche i bei momenti e magari qualche suggerimento per chi deve ancora affrontare questa strada della serie, sì è difficile ma superabile. Ci vogliono però genitori coraggiosi e volenterosi per affrontare il mondo e cambiarlo; per renderlo più bello, sicuro, allegro, accogliente per i nostri adorati figli.
Accetto i vostri contributi da pubblicare come Post su questo Blog volentieri: scrivetemi all'indirizzo email riportato nella colonna a destra o scrivetemi due righe nei commenti sotto.
12 aprile 2007
"Morirei per il mio vero figlio ma per quello adottivo no"
Nel articolo è citata dicendo "Non è uguale: l'amore che provi per un figlio adottivo non sarà mai intenso come quello che senti per il sangue del tuo sangue. Per Tenzin (il figlio naturale che ha meno di un anno) farei qualsiasi cosa. Per Salomon (il figlio adottivo che ora ha sedici anni) no." Per togliere ogni dubbio, in una intervista con il giornale Americano The New York Times ha precisato "Mentre sono pronta a morire per Tenzin, non credo che farei lo stesso per il mio figlio adottivo."
Prima di dire la mia opinione c'è una premessa che è doverosa: non ho letto il libro da cui è tratta questa frase e quindi forse si tratta della solita frase polemica scelta dall'editore per far acrescere le vendite del libro. Detta la premessa...
Secondo me, la Walker ha per primo sbagliato parlando in terza persona, non può parlare per tutti i genitori adottivi. Questa è la sua esperienza.
Poi letto l'articolo appare chiaro che la Walker ha qualche cosa da sistemare a livello emotivo ed esistenziale. Nel suo primo libro l'autrice accusa la madre di non averla amata per via del suo colore di pelle e poi nell'intervista nel NYT sostiene che il figlio adottivo preferisce l'altra mamma adottiva. Non so, ma le sue parole sembrano piccoli coltelli diretti alla sua ex-amante e al figlio "adottivo".
Dopo aver letto una grande parte dei post e i commenti sul Blog di Rebecca Walker appare chiaro che l'autrice ha creato parecchia confusione. Per prima si riferisce al figlio "ereditato" dalla partner come suo figlio adottivo quando in realtà il bambino c'era già quando lei si è messa con la ex-. Nelle famiglie "composte" degli Stati Uniti si usa il termine "step" appiccicato ai ruoli famigliari per spiegare i ruoli nella nuova famiglia; ad esempio: step-sister per indicare la sorellastra, step-son per indicare il figlio del partner. Quindi in realtà Salomon è un suo "step-son" che era già legato ad un altro genitore (la sua ex). E quindi non si possono paragonare questi rapporti; sono rapporti diversi.
Il rapporto col figlio di un'altro (specie se è grandino) non può essere lo stesso del rapporto con un figlio biologico e nemmeno di quello col figlio adottivo (pur essendo grandino).
E' vero quello che dice un commentatore, il rapporto col figlio biologico inizia nella pancia e dura 9 mesi. Invece il rapporto col figlio adottivo dura molto di più, nasce dal momento che la coppia decide intraprendere questa strada, ci sono momenti difficili e anche quelli belli, cose che creano un legame col figlio che arriverà.
Credo che cercare la genitorialità, sia per un figlio adottivo o un figlio biologico è MOLTO diverso che ritrovarsi con un "figlio ereditato" dal nuovo partner, quando forse si cercava soltanto un partner e non una famiglia.
Cosa ne pensate voi?
L'iter pre adottivo è come l'inizio di un viaggio
Finora vi ho parlato un po’ sul contenuto del corso (e devo ancora pubblicare qualche articoletto in merito) ma non vi ho parlato di cosa ho provato. Sì, perché da giugno del 2006 abbiamo dovuto aspettare fino al 14 settembre del 2006 per metterci in lista d’attesa e poi aspettare fino a marzo 2007 per iniziare questo corso pre iter adottivo obbligatorio.
Il giorno che abbiamo avuto il primo incontro era una gran bella giornata di sole. E non ero la sola ad essere in ottimo umore quella mattina. La maggioranza delle diverse coppie hanno rilevato uno stato d’animo positivo. Perché? Sicuramente c'è un senso di gran sollievo, che si è finalmente partiti per questa avventura chiamata adozione. E' come fare un viaggio, una volta che si parte, inizia il viaggio. Finchè non si parte si ci sente come quello che aspetta in casa con le valigie pronte a che arrivi il taxi, e finchè non si ci sale sù, si aspetta e aspetta ancora.
E quindi siamo partiti per un’altra avventura!
Strana cosa, ora che abbiamo finito questa parte riesco a immaginare la faccina della mia futura figlia.
3 aprile 2007
Buona Pasqua!
Buona Pasqua!
Nei miei sogni ho immaginato
Un grande uovo colorato
Per chi era? Per la gente
Dall’Oriente all’Occidente:
pieno, pieno di sorprese
destinate ad ogni paese.
C’era dentro la saggezza
e poi tanta tenerezza,
l’altruismo, la bontà,
gioia in grande quantità.
Tanta pace,tanto amore
Da riempire ogni cuore
2 aprile 2007
Perchè ti sforzi a farci incontrare?
PS: mi stupisco che tu, dopo aver organizzato insieme a Mamma 2, il raduno del Lago di Iseo (peraltro ben riuscito) abbia ancora l'entusiasmo di chiamarci a raccolta in Liguria. Mi sorge una considerazione: quanto conta, in questo attivismo, l'attesa della seconda adozione ed il desiderio di condividere le ansie e le angosce di questo secondo percorso?...Quando lui ha ricevuto la mia risposta mi invitò a pubblicarla su questo Blog, ma credo sia troppo lunga. Quindi pubblico la parte che ritengo più importante, cioè quella sulla mia motivazione nel radunare le famiglie, perchè riguarda i bambini.
Ciao e buona giornata, Papà*
* tutti i nomi sono stati sostituiti da nomignoli o lettere per proteggere la privacy delle famiglie in questione.Che bella domanda mi hai fatto! --- ma credo che la mia risposta ti stupirà -
Quando ero in Nepal col mio figlio in albergo, ho notato grande coesione tra lui e gli altri bambini adottati nello stesso periodo (con noi c'erano A, B, C, D, E*, e tante femminucce) di coppie Italiane che soggiornavano nello stesso albergo. Da soli in Nepal, senza alcuna mamma o esperto da consultare, ci è venuto naturale confrontarci con gli altri genitori.
Sicuramente il legame tra i bambini ci ha fatto avvicinare ma è anche vero che ci siamo trovati bene con gli altri genitori: genitori che NON rifiutavano ciò che era diverso, genitori curiosi della cultura del loro figlio e che l'abbracciavano - molti di noi abbiamo comprato copriletto e bandiere nepalesi, mandala buddisti o statuette induisti, e sari per decorare la cameretta e perche' no, pure la casa.
Gli incontri che abbiamo fatto finora (in Italia) sicuramente sono state anche un modo per confrontarci, anche perche' per alcune famiglie questi momenti sono stati l'unica forma di post adozione ricevuta (noi esclusi, siamo stati fortunatissimi e siamo stati seguiti per un anno intero, regolarmente e individualmente come famiglia, e a richiesta negli anni successivi dalla nostra città).Negli incontri c’erano sempre i bambini che giocavamo insieme non ostante le differenze di età. Come sai bene, molti di questi bambini erano legati da un’esperienza comune in Istituto ed altri nella esperienza del subito dopo Istituto, in albergo.
E allora forse mi illudo sperando che il fatto che questi bambini si rivedano regolarmente li aiuti a mantenere questo legame quasi fraterno e che questo legame li aiuti a rafforzare la loro autostima e la loro identità. Sperando che li aiuti nella integrazione nella loro nuova società e ad affrontare meglio le difficoltà che sicuramente incontreranno. Credo che con una forte identità e autostima ognuno potrà vivere la sua diversità in modo positivo, nel senso: “Sì, sono diverso ma questa è una mia ricchezza”. Forse la penso così perchè non sono Italiana e sono FIERISSIMA della mia nazionalità. Vorrei che loro vivessero la loro appartenenza (nazionalità, etnia, colore e tratti somatici) con gran fierezza.
Fino a quel punto era tutto una mia idea in cui credevo fermamente ma poi mi e' arrivata una conferma, dal TUO figlio, caro. Si, proprio da lui. Il giorno che i bimbi si sono rivisti al Lago di Iseo, il tuo figlio ha abbracciato i suoi amici nepalesi e ha proclamato: "oggi siamo tutti marroni" Sono state le più belle parole che ho sentito e mi ha dato una grandissima soddisfazione! E mi sono detta: questo e' il motivo per cui mi do da fare in riunire le famiglie nepalesi.
Per quanto riguarda usare gli incontri per condividere le ansie e angosce della seconda adozione, dico due cose soltanto: primo di tutto credo che rimuginare le cose e andarci sopra e sopra ancora non fa altro che farmi star peggio! Secondo, è per questo che ho aperto il blog!!! Il blog e' la mia valvola da sfogo anche se cerco di essere obbiettiva ed informativa. :)
ciao, Mamma 1
1 aprile 2007
Le Regole di Pubblicazione
- messaggi non inerenti al post
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Comunque il proprietario del blog potrà in qualsiasi momento, a suo insindacabile giudizio, cancellare i messaggi.In ogni caso il proprietario del blog non potrà essere ritenuto responsabile per eventuali messaggi lesivi di diritti di terzi.
Se hai dei dubbi leggi "Come usare un Blog".
N.B. Ringrazio Beppe Grillo e il suo Blog per le Regole sopracitate, sono perfette e quindi uso le stesse (con l'eccezione di due).
30 marzo 2007
Come usare un Blog
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Questo Blog è a vostra disposizione, è aperto a tutti i lettori e chiunque può fare un commento, vi chiedo solo di rispettare le nostre Regole di Pubblicazione.
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Cosa è un post
Il post è una specie di articolo ma molto più corto. Il Blog ha una certa immediatezza che fa sì che gli articoli siano brevi, della serie se il Blog è una specie di Diario online, il post diventa quello che si vuol condividere quel giorno.
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VI AUGURO BUON BLOGGING!
29 marzo 2007
Il Tribunale dei Minori
Ci dicono che il 40% delle coppie non viene ritenute idonee all’adozione dal TdM a seconda della Regione, con Torino in capo alla lista di coppie respinte . Infatti un’avvocato di Torino precisa che gli risulta che 3 coppie su 4 vengono respinte dal TdM di Torino. Spesso queste coppie devono andare in Corte d’Appello per avere l’idoneità.
Nel caso di una città nella regione ER, i giudici spesso chiedono degli approfondimenti agli operatori dell'iter adottivo perché dopo un colloquio la coppia non gli sembra idonea. Quasi mettessero in discussione il lavoro delle équipes centralizzate d'adozioni.
Un’altra cosa che succede ed è pure successo a noi, è che nella relazione avevamo messo la nostra disponibilità ad adottare due fratelli, ma nell’incontro con la giudice mentre faceva un colloquio molto amichevole, ci ha chiesto “ma se arriva solo uno va bene?” “Si, certo!” abbiamo risposto noi, pensando a un'eventuale scarsità di fratellini. “Magari adottate primo uno e poi l’altro, vero?” “si, certo” abbiamo risposto, lei ha preso appunti e quando siamo andati a prendere il decreto siamo rimasti a bocca aperta – c’era scritto l’idoneità per UN SOLO bambino! Abbiamo subito richiesto un chiarimento ma ci hanno detto che era da riferire all’ente e che nel caso fossimo stati abbinati a dei fratelli si poteva chiedere l’allargamento del decreto – quindi a abbinamento già avvenuto sarebbe stato più probabile e più semplice chiedere al nostro TdM l’allargamento del decreto.
Quindi il consiglio qui è attenzione alle domande trabocchetto: non fatevi ingannare da apparenti “chiacchiere”. E’ importante che siate chiari e insistete per quanto è scritto nella relazione.
Dopo aver avuto l’idoneità, se si vuol andare per l’adozione Nazionale nella propria regione finisce lì, nel senso che il giudice vi mette nella banca dati o in lista di attesa del Tribunale dei Minori (TdM) e non dovete far altro che aspettare ad essere chiamati dal Tribunale della vostra città. In Italia ci sono 29 TdM quindi potete presentare la domanda d'adozione nazionale in tutti i tribunali che vorrete.
Quando un bambino è disponibile sarete chiamati e nel giro di pochi giorni vi sarà consegnato. Anche se questa sembra la via più facile dovete sapere che in genere (fatemi sapere se conoscete delle eccezioni) si privilegiano le coppie molto giovani. Se invece volete anche provare l’adozione internazionale, allora vi rivolgerete a un Ente Autorizzato (nella prossima puntata).
28 marzo 2007
So che mi vuoi bene
Mio marito diceva: “non mi va di essere usato come mezzo di trasporto!” anche se gradiva molto l’abbraccio conseguente al trasporto. Intanto ci abbiamo scherzato sopra e ci siamo chiamati il bocni-bus. Quando c’era da andare a letto li dicevamo, “il bocni-bus sta per partire, ha il suo biglietto, signore?” E lui ci saltava in braccio.
Comunque il momento che gli piaceva più di tutti per fare bocni era quando eravamo entrambi sotto la doccia. Non appena avevamo finito di lavarci e stavo per chiudere l’acqua, lui mi chiedeva bocni! Era senz’altro un momento di grande intimità e mi sentivo che questo era un comportamento che avesse avuto con la sua mamma biologica e quindi così, finivamo per stare abbracciati sotto la doccia per almeno altri 10 minuti.
A quasi un’anno di essere arrivato a casa, li chiese “come mai ti piacciono tanto i bocni?” E lui, “quando mi fai bocni so che mi vuoi bene”.
27 marzo 2007
L’Istruttoria
Le domande che vi saranno fatte hanno il fine di farvi riflettere sui vostri motivi per fare un’adozione e se siete pronti ad accettare, riconoscere e rispettare la diversità del bambino adottivo. Per saperne di più, consultate il pdf "Adottiamoci" nei miei "Consigli di Lettura".
Se ne parla delle cose che succedono durante questa fase. C’è chi dice che sono miti e leggende, forse perché lui o lei non l’hanno vissuto oppure perché come operatore queste cose non li fa. Ma la mia esperienza è stata difficile. Durante la mia prima istruttoria, lo psicologo ha fatto delle supposizioni sulla mia capacità di essere madre di un bimbo abbandonato perché io stessa sarei stata abbandonata (alla tenera età di 17 anni) perché mia madre è andata in un’altra città ad approfondire i suoi studi e noi figlie siamo andati a vivere col nostro padre (che erano divorziati). Questo per lui consisteva un abbandono! Questo allora e tutt’ora mi sembra assurdo per diversi motivi. Credo che lui volesse spingere questa sua ipotesi per capire come avevo vissuto “questo abbandono”. Ma c’è modo e c’è modo, bastava chiedere: come ha vissuto la partenza di sua madre? come li ha cambiato la vita la partenza della madre? Anche perchè non era mica andata via per sempre!
Dall’altra parte durante l’istruttoria entrambi operatori ci hanno fatto molto riflettere su quello che erano le nostre aspettative di un figlio e ci hanno aiutato a essere preparati all’accoglienza di un bimbo che si porta dietro una sua storia, sia esso stato un bimbo adottato tramite la nazionale o per la via internazionale. In ogni modo è stato un momento importante di crescita e che ci ha preparato a diventare genitori migliori.
Poi quando io fece l’istruttoria nel 2000, i nostri cari amici in Veneto stavano facendo l’istruttoria là e pure loro hanno affrontato delle domande assurde, come “con quale frequenza avete rapporti sessuali?”
Quindi ricordatevi che le domande che vi saranno fate devono farvi riflettere -- Ma se vi capita la domanda assurda, ditelo agli operatori e fatevi spiegare il perché di certe domande.
22 marzo 2007
Una cameretta tutta per me?
All'inizio la sua cameretta era vuota e quindi il bambino non volle entrarci. Poi, a mano a mano che si circondava dei suoi peluche e dei suoi disegni, accettò di dormirci. Voleva solo portare sotto le coperte il suo amico l'orsacchiotto per dormire con lui e proteggere l’amico dalle tigri notturne. Le lenzuola, infatti, avevano una capacità magica... quella di tenere distanti tutte le tigri che si aggiravano nelle vicinanze.
Poi una mattina, a colazione, disse (i suoi genitori nel raccontarcelo sono ancora emozionati): "mamma, papà, grazie per questa bella cameretta. Adesso che sono in Italia voglio studiare, fare soldi, e tornare in Nepal per comprare la mia casa di laggiù per i miei genitori. I mobili della mia cameretta si possono trasportare con l'aereo?.."
Contributo da Papà 8
21 marzo 2007
Chi Siamo
Di seguito un elenco di alcune famiglie che contribuiscono a questo blog in un modo od altro, sempre con nome di fantasia per rispetto della privacy dei piccoli.
Attenzione: il numero non indica alcun chè!
Mamma e Papà 1 sono in Emilia Romagna e hanno un figlio.
Mamma e Papà 2 sono in Piemonte e hanno un figlio.
Mamma e Papà 3 sono in Lombardia e hanno una figlia.
Mamma e Papà 4 sono in Piemonte e hanno una figlia.
Mamma e Papà 8 - sono in Val d'Aosta e hanno un figlio.
Scriveteci alla email in fondo per contribuire o semplicemente raccontare le vostre esperienze in questa avventura chiamata adozione oppure per chiedermi di affrontare qualche tema in particolare.
E-Mail:
o mamma.adozioni [at] gmail [dot] com
Abbiamo iniziato gli “Incontri Informativi- Formativi” richiesti dalla Regione
Il corso è obbligatorio e richiesto a tutti i prospettivi genitori adottivi dalla Regione Emilia-Romagna nel 2001. Quando noi abbiamo fatto l’iter nel 2000 non esisteva questa direttiva e quindi ora ci chiedono di farla anche se in realtà, data la nostra esperienza adottiva, forse potremmo tenere noi questi incontri. Non mi interessa la polemica (almeno oggi) e quindi vi vorrei solo raccontare in che cosa consistono questi incontri pre-iter adottivi che ci richiede la Regione ER.
Gli “Incontri Informativi- Formativi sull’Adozione Nazionale e Internazionale” è parte fondamentale del percorso adottivo nella Regione dell’Emilia-Romagna (RER) che vuole dare informazioni importanti alle coppie ora, quando serve, in modo di evitare inconvenienti durante il percorso adottivo. Posso testimoniare che durante la nostra prima adozione ci siamo trovati davanti a diverse situazioni che se fossimo stati informati saremmo stati in grado di gestire meglio.
Quindi gli “Incontri Informativi- Formativi” che offre la RER si articolano in quattro incontri con 6 coppie e due operatori. Nel primo incontro ci siamo conosciuti, scambiato le aspettative, paure, ecc., cosa che sembra banale ma che di fatto non lo è perché tutti in quella stanza avevamo aspettato dei gran mesi per essere lì quel giorno. Per le coppie che affrontano la loro prima adozione c’è anche l'ignoto – come sarà questo percorso? Se ne sentono di tutti colori, belli e brutte. Come sarà questo bambino o bambina? Sarò in grado di essere un buon genitore per questo bambino o bambina? Condividere queste perplessità aiuta ad attenuarle.
Si è parlato degli argomenti che si affronteranno durante gli incontri successivi, nel secondo incontro ci sarà un responsabile di un Ente Autorizzato e nelle ultime due ci sarà una psicologa che parlerà sul figlio che arriverà.
Le operatrici ci hanno spiegato chi sono le parti coinvolte e le fasi nel percorso adottivo, e nello specifico le fasi dell'adozione nazionale e quella internazionale, i presupposti comuni alle due forme di adozione (art.6 legge 184/183 e art. 29 bis legge 476/98) e quali minori possono essere adottati e approfondito alcuni punti sull'adozione internazionale (Convenzione del AJA del 1993). Tutto in 4 ore!
Devo dire che sono rimasta molto soddisfatta di questo incontro. Le operatrici erano molto preparate e sicuramente qualche coppia fortunata se li ritroverà durante la istruttoria oppure durante il percorso di post-adozione.
10 marzo 2007
Perchè raccontare l'adozione?
Spesso l'attesa per ciascuna delle pietramigliari del percorso adottivo è stressante ed estenuante. Bisogna avere pazienza ci dicono, ma dirlo è facile, viverlo è ben diverso.
Noi stiamo avviando le pratiche per la nostra seconda adozione e quindi colgo l'occasione per condividere con voi - tutto: il bello e il brutto di questo nuovo iter adottivo. Cosa si fa, cosa proviamo così come cosa potrebbe migliorare e cosa va bene così. Mi dicono che molte cose sono cambiate da quando abbiamo fatto l'iter adottivo nel 2001 e quindi a brevissimo potrò confermarvelo in prima persona.
E pian piano vi racconterò della nostra prima adozione, quella del nostro figlio, avvenuta nel 2003. Del primo e secondo viaggio in Nepal, paese meraviglioso. Del primo incontro con il nostro figlio, momento magico per il quale spesso ci si sente impreparato. Del ritorno a casa, delle visite dalla pediatra ed inserimento sociale e scolastico.