29 giugno 2007

Le parole di una figlia adottiva

Avete letto i commenti di Katia sotto il Post del 8 maggio? Siamo felicissimi di aver ricevuto questa testimonianza e quindi la riporto in primo piano in modo che tutti la possano leggere. L'ho letta come se fosse quella del mio figlio, sarei molto curiosa di sapere ora cosa mi dirà mio figlio tra 10 anni.


Mi chiamo Katia e sono stata adottata quando avevo 14 mesi. Dai miei genitori adottivi ho ricevuto accoglienza e cure, ma anche adesso che ho 15 anni sento che mi manca qualcosa di importante. E' normale che sia così, penso che tutti i bambini adottati - sia da neonati sia da grandicelli - abbiano questo vuoto dentro di loro, un vuoto che non tutti i genitori adottivi sanno piano piano colmare. C'è chi riesce a parlarne e c'è chi invece reagisce all'adozione con rabbia,comportamenti ribelli(specialmente nell'adolescenza), con il silenzio,con un falso menefreghismo. Questo posso dirlo perchè io faccio parte della prima categoria e riesco a confidare quello che provo anche ai miei stessi genitori naturali, però ho una sorella di 18 anni anche lei adottata che reagisce in tutt'altro modo: la ribellione alle regole, la chiusura verso i nostri genitori adottivi e la mancanza di dialogo. Solamente qualche giorno fa è emerso il fatto che i nostri genitori adottivi si sono dimenticati di festeggiare la data del suo arrivo nella famiglia. Ha pianto dicendo questo a mamma e papà ma poi il discorso si è chiuso lì e non so se sarà lei a riaprire l'argomento adozione in futuro. Comunque penso che anche il suo atteggiamento ribelle sia in un certo senso un modo di comunicare il suo disagio interiore. Secondo me è giustissimo quello che ho letto in questo blog sul fatto che i bambini hanno bisogno di tanto affetto e contatto fisico:abbracci, carezze,c occole ogni giorno! Ma questo non solo i bambini adottati, tutti.
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Vi volevo segnalare anche un libro di facile lettura che parla di una bambina indiana adottata all'età di 7 anni: "Amata per caso"di Stefano Zecchi.

Ci sono tanti spunti nella lettera di Katia di cui parlare, tanto per iniziare: di quel senso di vuoto che prova. E mi chiedo, questo vuoto è una sensazione di solitudine, di essere soli al mondo? Immagino che il mio figlio possa pensare: "certo ci sono quelli che mi vogliono bene ma forse non tutti " pensando ai genitori naturali che l' hanno dato via mentre qualcuno, più estremo, penserà "non mi volevano" anche se, in fondo, sanno che la storia è diversa.

Mi chiedo se questo vuoto si prova perché si è consapevoli di esssere stato abbandonato/adottato. E quelli che non sanno di essere stati adottati, stanno bene o provano pure loro un vuoto?

Credo che a tutti i genitori possa impensierire il senso di vuoto del quale parla Katia. E' del tutto normale, perchè nessun genitore vuole vedere il proprio figlio soffrire.

Tanti genitori o parenti del figlio cercano di colmare i vuoti percepiti o veri (nel caso di genitori separati o spesso lontani per lavoro) con tanti giochi, cose costose o caramelle. Come ho detto nel Post del 8 maggio, questo credo sia sbagliato. Piuttosto dateli tanti baci, coccole e abbracci. Stateli accanto mentre guarda un cartone, sedetevi accanto a lui mentre fa i compiti, chiedeteli come è andata la sua giornata e non trascurate alcuna occasione per fargli una carezza. Anche se è grandicello, vestitelo e svestitelo o lavateli i capelli, questi sono tutti gesti di cura dell'altro e come tali auitano a creare un rapporto amorevole tra genitore e figlio. Nel caso di bimbi adottivi, si è rotto un rapporto e ora bisogna ricostruire un altro rapporto col nuovo genitore. Non si ci può aspettare che cammini perchè ha le gambine, anche se è grandicello lui ha bisogno di essere "piccolo" e indifeso in modo che voi possiate essere "grandi" ed prottegerlo.

Neanche un mese fa mentre svestivo il mio ormai ometto di quasi 8 anni le ho chiesto, ti piace tanto che ti svesta, come mai? "quando lo fai, so che mi vuoi bene". E' come si fà a dire di no a svestirlo? Se per lui questo gesto equivale amore, amore le darò, sempre che si ha la possibilità. Non si tratta di viziarlo o di creare dipendenze, perchè vedo che lui man mano diventa più indipendente e chiede sempre meno il mio intervento. Quindi con un figlio adottivo si lascia a disparte l'età e lo si cura con l'attenzione e sensibilità finchè il bimbo ne è sazio.

E' vero, tutti i bambini hanno bisogno di tantissime cure e coccole dai genitori, ma i bambini adottivi di più perchè queste cure e coccole auitano a creare un rapporto tra persone che si conoscono da poco. Aiuta a far crescere l'affetto, amore e confidenza tra due persone, cosa che non esisteva prima tra di loro.

L'altra cosa che vorrei commentare è il rapporto che ha la sorella di Katia, anche essa figlia adottiva, con i genitori. Mentre Katia ha un ottimo rapporto con i suoi, la sua sorella ha un rapporto scontroso e difficile con i genitori adottivi. Questo credo sia l'incubo di ogni genitore adottivo. Per fortuna la ragazza finalmente ha detto cosa li faceva stare male e forse questo era il motivo del suo comportamento scontroso. Mi piacerebbe sapere come è finita la storia, se poi i genitori hanno festeggiato quella data importantissima e se la sorella si è ripacificata con i genitori.

Leggerò il libro suggerito da Katia, ma il fatto sta che nessun genitore ha la ricetta nè istruzioni per allevare un figlio sereno e felice. Ci proviamo, alcuni leggono, si informano, visitano i psicoterapeutici, chiedono consigli o semplicemente fanno come hanno fatto i loro genitori. Se penso che trattando i miei figli ugualmente uno potrebbe percepirlo in modo diverso e che tra noi si instaurerà un rapporto difficile, beh, questo mi farebbe stare molto male. Quasi come se non avessi fatto del mio meglio cosa che credo sia molto dolorosa per un genitore.

Speriamo di avere altre testimonianze di figli adottivi che possano fare luce su questi aspetti.